La fascite plantare è la più comune causa di dolore calcaneare. Si manifesta soprattutto tra gli sportivi ma non solo ed è causata dalla ripetizione continua di eccessivi sovraccarichi a livello podalico. È un’infiammazione della fascia plantare, la robusta fascia fibrosa che connette il calcagno con la radice delle dita del piede.

Inizia dalla regione calcaneare per poi estendersi fino al mesopiede. La porzione soggetta a infiammazione è quella prossimale, a livello dell’inserzione calcaneare [1]. La più larga delle sue tre porzioni – mediale, laterale e centrale – è quella centrale.

La porzione centrale della fascia origina dal processo mediale della tuberosità del calcagno superficialmente all’origine del flessore breve delle dita, del quadrato della pianta e dell’abduttore dell’alluce. La fascia si estende, in fasci singoli, lungo l’arco longitudinale mediale e si inserisce sulla base di ciascuna falange prossimale [2]. La fascite plantare è un termine che sta ad indicare la presenza di una zona sotto al tallone che risulta dolente e infiammata.

In caso di fascite, la fascia risulterà accorciata e inspessita determinando una perdita di funzione di ammortizzatore durante le fasi del cammino e una scorretta distribuzione dei carichi dovuta a una perdita di movimento. Il piede con buona probabilità si presenterà come un piede cavo dato da questo accorciamento e rigidità a livello dell’aponeurosi plantare.

La fascite plantare è una patologia maggiormente presente nelle persone che praticano lunghe camminate o nella corsa prolungata su lunghe distanze per esempio nella maratona. Oltre a queste categorie di individui può manifestarsi in tutte quelle persone che fanno sport dove è richiesto un prolungato carico a livello degli arti inferiori.

La fascite è provocata da microtraumi ripetuti a livello del tallone che avvengono durante la fase di appoggio nei maratoneti ma anche in persone di mezza età, in sovrappeso e non atletiche. Questi microtraumi ripetuti portano a lungo andare a una progressiva degenerazione e perdita di elasticità della fascia. Questo avviene soprattutto nei corridori che caricano particolarmente sull’avampiede andando a stressare la fascia stirandola ripetutamente.

Per resistere a queste sollecitazioni abbiamo una risposta immediata da parte delle fibre del tessuto connettivo che rispondono in seguito a questo stress meccanico dovuto allo stiramento della fascia plantare. Se questi stress perdurano nel tempo si creano reazioni infiammatorie come meccanismo di difesa del nostro organismo; si vanno a creare quindi degli ispessimenti a livello del tessuto connettivo con l’obbiettivo da parte dell’organismo di dare maggiore resistenza.

Questo aumento di resistenza però è inversamente proporzionale alla flessibilità ed elasticità della fascia, in questo modo si crea un circolo vizioso in cui diminuisce l’elasticità, aumentano le microlesioni e si crea infiammazione che aumenta lo spessore della fascia determinando anche dolore.

La relazione tra sperone calcaneare (la spina calcaneare) e la fascite plantare è una credenza erronea perché lo sperone calcaneare non è la fonte del dolore alla pianta del piede ma il dolore al tallone è dovuto a microlacerazioni a livello della fascia plantare.

Campbell e Inman (1974) hanno notato che nei pazienti con piede piatto o con calcagno valgo vi è un incremento della tensione della fascia plantare che predispone i pazienti al dolore del calcagno. Inoltre, i pazienti con fascite plantare lamentano un dolore pungente a livello della zona inferocentrale e mediale del tallone.

La fascia si presenta rigida e con zoppia sul lato colpito. Il dolore è maggiore dopo un riposo prolungato, infatti, si manifesta con più rilevanza al mattino nei primi passi; questo è dovuto al fatto che durante il riposo notturno le punte dei piedi tendono ad andare verso il basso portando il piede in flessione plantare e quindi di conseguenza la fascia plantare si accorcia, al risveglio poggiando i piedi per terra avremo un allungamento della fascia e questo provocherà dolore.

Si manifesta anche dopo lunghe camminate e può aggravarsi nel salire le scale o stando sulle punte dei piedi. Ancora, il dolore aumenta la sera se durante la giornata si è rimasti in piedi per lungo tempo. Generalmente non c’è dolore a riposo o in mancanza di carico.

Studio clinico

La popolazione del nostro studio è composta da sportivi a livello agonistico, sia di sesso maschile che femminile. Tali pazienti sono di età compresa tra i 20 e 65 anni.

Gli atleti sono stati analizzati tramite un questionario valutativo, e sulla base dei risultati ottenuti sono stati presi in considerazione 20 pazienti, 10 uomini e 10 donne.

Criteri di inclusione: atleti di sesso maschile e femminile, sportivi agonisti, tra i 20 e 65 anni, con dolore alla pianta del piede da più di un mese. È stata effettuata anche una ecografia di controllo per escludere altre patologie della pianta del piede e confermare la diagnosi di fascite plantare.

Criteri di esclusione: pz. con dolore alla pianta del piede da meno di un mese, pz. con età non inclusa tra i 20 e i 65 anni, pz. con tumori pregressi e pregressa chemioterapia, pz. con patologie neurologiche, altre malattie ortopediche che possano causare un disturbo dell’andatura come per esempio neuroma di Morton, metatarsalgie, tenosinoviti dei tendini flessori, interventi chirurgici di alluce valgo.

Ciascun atleta è stato valutato attraverso la scala VAS , FFI, palpazione dell’ inserzione prossimale della fascia plantare e Windlass test, valutazione ecografica prima e dopo i trattamenti. In seguito è stato eseguito un follow up a distanza di 40 giorni dall’ ultimo trattamento e uno a distanza di 3 mesi dalla fine dell’ ultimo trattamento [3].

Sono stati sottoposti a 6 sedute di fotobiomodulazione a LED con PHYSIS 4.0 Human Led della Ledway srl: due sedute la prima e la seconda settimana e una seduta settimanale nelle due ultime settimane.

Ecografia della fascia plantare

L’esame standard della pianta del piede è stato effettuato a paziente supino con entrambe le sue gambe sul lettino. Si sono effettuate scansioni sagittali a partire dalla regione calcaneare fino all’avampiede.

In sede calcaneare si è evidenziato con l’ecografia la regione inserzionale della fascia plantare che appare come una banda di tessuto iperecogeno, abbastanza simile ad un tendine, che corre al di sotto della pianta del piede e si porta longitudinalmente verso l’avampiede. La fascia portandosi verso l’avampiede si superficializza e diventa più sottile.

Spostando la sonda ecografica verso la parte esterna ed interna del piede si sono valutati eventuali ispessimenti della fascia anche in tale sede. Profondamente alla fascia plantare si sono evidenziati i muscoli flessori delle dita. Si sono effettuate anche scansioni trasversali che hanno permesso di distinguere ancor meglio la fascia plantare dei muscoli flessori sottostanti.

Lo spessore normale della fascia è compreso in un range tra i 3 ed i 4 mm. I pazienti esaminati nello studio avevano uno spessore della fascia plantare compreso tra i 5 mm e gli 8,2 mm. Sono stati riesaminati mediante l’esame ecotomografico alla fine dei trattamenti, a distanza di 40 giorni e poi a 3 mesi dal trattamento e i valori di spessore sono risultati tutti compresi tra i 3 mm ed i 4,3 mm con completa risoluzione della sintomatologia dolorosa [8].

Per eseguire l’ecografia abbiamo utilizzato un ecografo My Lab 25 Gold Esaote con sonda lineare (7,5-10 Mhz).

Che cos’è la FotoBioModulazione?

La FotoBioModulazione è l’evoluzione della terapia laser LLLT, che mediante componenti optoelettronici (LEDs) di varie lunghezze d’onda, dal rosso (630nm) all’infrarosso vicino (NIR) (880 nm), stimola alcuni distretti cellulari per promuovere la riparazione e la rigenerazione dei tessuti, ridurre l’infiammazione ed alleviare il dolore riferito, oltre a riorganizzare quel pool di attività informazionali che regolano tutti i distretti ed i tessuti corporei.

In sostanza è una delle tecnologie di ultima generazione che presenta caratteristiche proprie della fisica quantistica (fotonica) e della medicina informazionale che, attraverso impulsi di luce (modulazione in frequenza) ben definiti, imprime una attivazione biofisica a vantaggio delle innumerevoli reazioni biochimiche nell’organismo, regolando attività e funzioni cellulari.

La luce nello spettro del rosso ed infrarosso ha come bersaglio i mitocondri delle nostre cellule ed in particolare il fotoaccettore sembra essere un enzima chiamato Coenzima C ossidasi (COO) che contiene un gruppo eme.

Tale enzima viene attivato dallo stimolo luminoso e così viene innescata un’attivazione della catena enzimatica che ha come prodotto finale l’ATP, cosicché la cellula ricca di energia è in grado di svolgere al meglio tutte le sue funzioni metaboliche. Secondo Karu e Hamblin il primo evento è l’assorbimento di un fotone da parte del cromoforo COO.

Tale interazione aumenta il potenziale della membrana mitocondriale causando un incremento della sintesi di ATP e determinando cambiamenti delle specie reattive dell’ossigeno (ROS), degli ioni calcio e dell’ ossido nitrico (NO)[4][5][6]. Un effetto biochimico che spiega la riduzione del dolore dopo applicazione con PHYSIS 4.0 Human Led è la riduzione di alcune interleuchine proinfiammatorie in particolare la riduzione della IL 6 e IL 8 e l’aumento della IL 10 con proprieta’ antiinfiammatoria.

Vengono ridotti anche i valori delle PGE2 sulle quali agiscono anche i farmaci antiinfiammatori non steroidei (FANS).

La fotobiomodulazione a Led è una luce rigenerativa per tutte le linee cellulari: agisce per esempio sui fibroblasti inducendoli a produrre collagene e ciò spiega gli effetti benefici sulla guarigione delle ferite e sugli impieghi nel campo dell’estetica; in particolare sembra che venga stimolata la produzione di collagene di tipo I e III. Sembrano stimolati alcuni fattori di crescita come il fattore di crescita dei fibroblasti (bFGF) e il fattore di crescita dei cheratinociti (KGF).

La guarigione delle ferite sembra essere legata alla migrazione di macrofagi e molte altre cellule del sangue, al rimodellamento della matrice extracellulare e alla stimolazione del fattore di crescita endoteliale (VEGF) [4] [7].

Le cellule muscolari dopo irradiazione riparano le microlesioni post-allenamento intensivo e anche le lesioni post-traumatiche più importanti.

Trattamento di Fotobiomodulazione a Led

Tempo della singola seduta 18 minuti circa:

  • drenaggio inguine con prog. 9 x 2 min, sonda Size 50
  • drenaggio gambe con prog. 9 x 2 min per arto, sonda Size 50
  • punto di dolore con prog. 12 x 6 min, rimanendo fermi nel punto dolente e con piccoli movimenti intorno alla zona dolente, sonda Size 7
  • punto di dolore con prog. 8 x 6 min rimanendo fermi nel punto dolente e con piccoli movimenti intorno alla zona dolente, sonda Size 7
  • punto di dolore con prog. 6 x 6 min rimanendo fermi nel punto dolente, sonda Size 50

Sono stati associati esercizi specifici di allungamento, 3 ripetizioni di esercizi di stretching (max 5 min) suddivisi in:

  • da seduti, afferrare le punte dei piedi ed estenderle x 20 secondi (tot. 3 min)
  • da in piedi contro il muro stretching gastrocnemio x 15 secondi (tot. 2 min)

Conclusioni

I 20 pazienti trattati hanno evidenziato remissione completa dei sintomi della fascite plantare (tranne una paziente che presentava un ispessimento marcato (8 mm) con un parziale risultato). Tutti i pazienti sono stati sottoposti a valutazione ecografica prima e dopo trattamento che ha evidenziato la riduzione dello spessore della fascia con ritorno dello spessore a 3 mesi dall’osservazione entro valori normali (entro 4 mm di spessore) con mantenimento dei risultati raggiunti da un punto di vista clinico.

Letteratura di riferimento

[1] Tahririan MA et-al. , Plantar fasciitis, J Res Med Sci., 2012 Aug;17(8):799-804.
[2] Brotzman S. , La riabilitazione in Ortopedia ,2° edizion; Memphis,Tennessee; Excerpta Medica Italia Srl , 2004 , (Pag. 393-396).
[3] Teresa Venditto et-al, 17-Italian Foot Function Index with numerical rating scale: Development, reliability, and validity of a modified version of the original Foot Function Index, Foot (Edinb).2015 Mar;25(1):12-8.
[4] Hamblin M., Ferraresi C., Huang Y., D.Carroll “Low-level light therapy : Photobiomodulation” , Boston , SPIE, 2018, 21-33,37-83.
[5] Mester E.,Mester F.,Mester A ,“The biomedical effetcs of laser”, Surg.Med. ,(1985) ,5(1),31-9.
[6] Hoon Chung et al. “The nuts and bolts of Lowlevel Laser (light) therapy” , Ann Biomed , Eng., 2012February,40(2):516-533.
[7] Won-SerK Kim and Glen Calderthead R ,“Is light-emitting diode phototherapy (LED-LLLT) really effective?”,LaserTher, 2011, 20(3), 205-215.
[8] Bianchi S.,Martinoli C. “Ultrasound of the musculoskeletal system”, Springer,Berlin Heidelberg New York 2007,863-868.